AMPLIAMENTO
DELLE DISCARICHE DI CAVAGLIA' (BI)
Premessa
Prima di tutto è bene parlare dell'ampliamente di tutte
e due le discariche, autorizzate entrambe dalla Provincia nello stesso
giorno (2 agosto 2007).
Si parla molto in questo periodo
della discarica di rifiuti urbani ASRAB, che ha un incremento di 95.000 metri
cubi rispetto agli originali 550.000.
Si parla meno della adiacente
discarica di rifiuti speciali "non pericolosi", che viene ampliata di
225.000 metri cubi rispetto agli originali 1.329.000. I rifiuti, ufficialmente
definiti "non pericolosi" a norma di legge, fanno comunque parte di
un lungo elenco che fa rabbrividire.
La prima considerazione è che i due
provvedimenti prolungano ingiustamente nel tempo il ruolo di "terra da
discariche" che la zona di Cavaglià ha già dovuto subire troppo a lungo.
Occorre far rilevare che i rifiuti
che entrano, sia in una discarica, sia nell'altra, sono solo in parte prodotti
nel territorio della provincia di Biella: un dato certo riguarda ad esempio i
rifiuti urbani che nel 2006 sono stati conferiti in ragione di 109.000
tonnellate, solo 58.551 delle quali di origine biellese.
Riteniamo che non ci sia nulla di
più fastidioso per una popolazione che vedersi assegnare una discarica prevista
per un certo tempo e vederla poi ingrandita e prorogata solo perchè si è voluto
utilizzarla per collocarci rifiuti provenienti da altri territori.
Un'altra riflessione, per i rifiuti
urbani di origine biellese, è che, ancora nel 2006, la raccolta differenziata
nella provincia era ferma al 31,8% e quella di Cavaglià addirittura non
arrivava al 21%
Inoltre la linea per la produzione
di compost che è presente nell'impianto ASRAB non è mai neppure stata messa in
funzione!
Quindi le discariche si riempiono
prima del tempo per tre ragioni:
1) introduzione di rifiuti non
biellesi
2) raccolta differenziata scarsa
3) mancata attivazione della
produzione di compost
Il rimedio a questi mali potrebbe
essere:
1) stop ai rifiuti da fuori
provincia e restituzione di quelli provinciali ai territori che in passato
hanno conferito i loro a Cavaglià
2) subito raccolta differenziata
spinta
3) subito attivazione del
compostaggio
Pericolosità della sopraelevazione
Sopraelevare, anche se di soli
cinque metri, le due discariche, che erano state progettate senza il sopralzo,
significa andare al di fuori delle ipotesi progettuali in base alle quali le
discariche erano state realizzate. I
problemi potrebbero venire non tanto dal cedimento del terreno sottostante,
quanto dal cedimento o scivolamento dei teli e degli strati di
impermeabilizzazione sui lati e sul fondo, assoggettati a sforzi non previsti.
Rischi dovuti allo sviluppo
accelerato del biogas (bioreattore)
Nel progetto originale della
discarica ASRAB per rifiuti urbani era previsto uno sviluppo di biogas molto
molto lento, in virtù del fatto che i rifiuti vengono prima biostabilizzati.
Gestendo ora la discarica con la
tecnica del bioreattore si determina la produzione accelerata del biogas e lo
scivolamento dei rifiuti verso il basso a causa della loro diminuzione di volume, dovuta alla trasformazione in biogas
delle sostanze organiche originalmente contenute.
Da un lato si ricava altro volume
utile per metterci altri rifiuti, dall'altro si va oltre le originali ipotesi
progettuali, con i conseguenti rischi.
In caso di lacerazione dei teli, il
biogas può infiltrarsi nel terreno ghiaioso circostante e creare problemi
anche a distanze considerevoli e
alle abitazioni circostanti
La stesse valutazioni si possono
fare per il percolato, la cui produzione viene notevolmente incrementata dalla
gestione a bioreattore, aumentando così il rischio potenziale per gli
acquedotti a valle.
Soldi dello Stato che vanno al
bioreattore
Il funzionamento a bioreattore,
come già detto, accelererà notevolissimamente lo sviluppo del biogas che verrà
sfruttato per far funzionare alcuni grossi motori che produrranno energia
elettrica che verrà premiata con un contributo pubblico di 0,12 euro per ogni
chilowattora, in tutto cioè con oltre otto milioni di euro di soldi dello
stato. Questo fatto legittima
ulteriormente i cittadini a "mettere il naso" nel funzionamento del
bioreattore, che si regge sui soldi di tutti.
Peggioramento della qualità
dell'aria
I motori di cui si è detto sopra, durante il loro funzionamento,
oltre che far incassare ai loro proprietari i ghiotti contributi dello stato,
emettono (come tutti i motori) i loro gas di scarico, che contengono numerosi
inquinanti.
Sulla base dei soli dati presentati
nel progetto, si può calcolare che verranno immessi nell'aria di Cavaglià, ogni
anno, per otto anni consecutivi, più di 40 milioni di metri cubi di fumi, con i
seguenti quantitativi annuali di sostanze inquinanti:
Ossidi di azoto NO2: oltre 15.000
kg
Polveri: oltre 400 kg
Ossido di Carbonio CO: oltre 20.000
kg
Inoltre si può prevedere che
verrebbero anche immessi in aria, in quantità imprecisata, composti organici
denominati NMHC (Non Methane Hydro Carbon) che sono dannosissimi per la salute
e per l'ambiente.
Essendo queste emissioni di
inquinanti tutte puramente aggiuntive a livello locale, la qualità dell'aria di
Cavaglià non potrà che peggiorare.
Situazione attuale della qualità
dell'aria a Cavaglià
Il Comune di Cavaglià è stato
assegnato allo zona “3p” nell’allegato 1 alla deliberazione della Giunta
Regionale 11 novembre 2002, n. 14-7623 “Attuazione della legge regionale 7
aprile 2000 n. 43, ‘Disposizioni per la tutela dell’ambiente in materia di
inquinamento atmosferico - Prima attuazione del Piano regionale per il
risanamento e la tutela della qualità dell’aria’ - Aggiornamento
dell’assegnazione dei Comuni piemontesi alle Zone 1, 2 e 3 - Indirizzi per la
predisposizione e gestione dei Piani di Azione” pubblicata sul B.U. n. 47
del 21 novembre 2002.
La deliberazione sopra citata
prevede, al punto 2.1.1, i criteri per
l’adozione di provvedimenti stabili per le Zone di Piano, ed in particolare
quelli per alcune attività lavorative e per gli impianti produttivi; a proposito
delle autorizzazione di questi ultimi, la deliberazione prevede esplicitamente
quanto segue:
“In tutti i Comuni assegnati alla Zona di Piano, le Province
valutano le domande di autorizzazione di installazione o modifica di
insediamenti produttivi ed infrastrutture con particolare attenzione agli
effetti a breve e lungo termine delle nuove emissioni in atmosfera, perseguendo
un bilancio ambientale positivo e fermo restando l’obbligo dell’applicazione
della migliore tecnica e tecnologia disponibile ed, ove possibile, quella delle
tecnologie emergenti”.
Nel caso del bioreattore,
l’impianto risulta presentare un bilancio ambientale “non positivo” a seguito
delle emissioni dirette ed indirette di NOx e CO, polveri e NMHC che, a livello
locale, sono tutte puramente aggiuntive.
Si ritiene pertanto che
l'autorizzazione debba essere sospesa e questi aspetti debbano essere
pubblicamente valutati.
Si chiede inoltre che la tutela di
questa area sfortunata intorno a Cavaglià e ad Alice Castello, collocata ai
margini delle province di Vercelli e di Biella, venga straordinariamente
garantita dalla Regione che si faccia garante della tutela della salute di
queste popolazioni “di confine”, che attualmente si sentono ignorate dalle
rispettive Province.
Settembre 2007
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ULTERIORE ESCAVAZIONE PER REALIZZARE
UNA DISCARICA AD ALICE CASTELLO (VC)
La realtà globale delle
discariche nella nostra Regione è davvero sconfortante.
Nell’anno 2000, secondo le
informazioni ufficiali fornite dalla Regione Piemonte, erano in funzione ben
120 discariche per rifiuti di vario tipo (AL 26, BI 6, CN 19, NO 13, TO 41, VB
6, VC 9).
Per i soli rifiuti cosiddetti
“non pericolosi”, nel 2005 erano in funzione in Piemonte 21 discariche, così
suddivise tra le varie province: Alessandria n. 4 (Bassignana, Casale
Monferrato, Novi Ligure, Tortona), Asti n. 2 (Valfenera, Cerro Tanaro), Biella
n. 1 (Cavaglià), Cuneo n. 5 (Borgo San
Dalmazzo, Fossano, Magliano Alpi, Sommariva Perno, Villafaletto), Novara n. 2
(Barengo, Ghemme), Torino n. 7 (Cambiano, Castellamonte, Grosso, Mattie,
Pianezza, Pinerolo, Torino).
Allora, di fronte ad uno
sconquasso territoriale così generalizzato, perché stupirsi se viene
autorizzata una nuova discarica ad Alice Castello, nel vercellese?
A ben guardare, le ragioni di
stupore e di indignazione sono invece numerose: eccone alcune.
1) In questo piccolo Comune, quella attuale (denominata “Ciorlucca”) sarebbe la quarta discarica ad
essere autorizzata, senza contare quelle dei Comuni confinanti Santhià e
Cavaglià che condividono con Alice questa porzione di territorio situata ai
margini delle Province di Biella e di Vercelli, denominata “Valledora” perché
costituita da un paleoalveo della Dora Baltea e devastata da cave di ghiaia un
po’ dappertutto.
2) La nuova discarica, che è stata approvata dalla Provincia di Vercelli il
5 aprile 2007; si trova all’interno
delle “Aree di ricarica delle falde destinate al consumo umano” istituite dal
Piano di Tutela delle Acque che la Regione ha definitivamente approvato il 13
marzo del 2007: nelle norme di tale
importantissimo Piano (all’articolo 24), si afferma che queste aree “sono da
assoggettare ai vincoli ed alle destinazioni d’uso specifiche connesse a tale
funzione”, e che pertanto “le disposizioni di attuazione procedono
all’individuazione dei vincoli e delle misure relative alla loro destinazione,
nonché delle limitazioni e prescrizioni per gli insediamenti civili,
produttivi, turistici, agroforestali e zootecnici”.
3) Il progetto depositato per la VIA dalla Società a responsabilità
limitata “Idea Ambiente 2006” di Varallo Sesia è intitolato “Recupero ambientale di cava a
discarica per rifiuti inerti in Località Ciorlucca di Alice Castello (VC)”, e
non è certo pensabile che, da un titolo così apparentemente innocente, un
cittadino possa dedurre che l’attività di discarica riguarderà ben 53 tipologie
diverse di materiali, tra i quali anche:
alcuni rifiuti prodotti derivanti dal
trattamento chimico-fisico di minerali metalliferi e non metalliferi, fanghi da
macerazione e da disinchiostrazione della carta, alcuni rifiuti prodotti da
centrali termiche quali le ceneri leggere di carbone, rifiuti dal trattamento
delle scorie, scorie non trattate, scorie di fusione, forme e anime da fonderia
derivanti dalla fusione di materiali ferrosi e non ferrosi, trucioli, limatura,
polveri e particolato di metalli non ferrosi, alcune miscele bituminose, fanghi
di chiarificazione dell’acqua, rifiuti da bonifiche di terreni, terre
provenienti da siti contaminati non contenenti sostanze pericolose, ecc.
E’ probabilmente questa una delle ragioni per
la quale i Cittadini della zona non si sono allarmati in tempo e non hanno
presentato osservazioni o opposizioni alla procedura di VIA; l’altra ragione è certamente che l’annuncio
pubblico della presentazione del progetto è stato dato con la pubblicazione sul
solo quotidiano “Il Giornale del Piemonte”, che, con tutto il rispetto, non può
essere certamente classificato fra quelli “a maggiore diffusione” nei piccoli
comuni del vercellese!
4) Il volume della discarica è di tutto rispetto: ben 428.695 metri cubi,
da riempirsi in tre anni, quindi con una “velocità” di circa 10.000 (sì, diecimila!) quintali ogni giorno
di nuovi rifiuti, che, stanti i limitatissimi fabbisogni del vercellese,
arriveranno chissà da dove.
5) I piani regionali e provinciali dei rifiuti non prevedono questo
impianto, e neppure lo ipotizzano i documenti predisposti fino ad oggi dalla
Regione e dalla Province per definire i piani futuri.
A questo punto, come avevamo
fatto per la precedente discarica (in gergo chiamata “Alice3”), non c’è stato altro da fare che presentare
un ricorso al TAR insieme a Cittadini, Comitati ed altre Associazioni
ambientaliste: certo che è davvero frustrante essere sempre costretti a
percorrere la via giudiziaria.
Ma per questa area ambientalmente perseguitata,
visto che le rispettive Province la utilizzano come “terra di colonia”, non è
possibile chiedere un intervento pianificatorio della Regione?
Luglio 2007
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STORIA DELLE DISCARICHE DI
ALICE CASTELLO
Il 30 novembre 1989 iniziò l'iter procedurale di presentazione della
domanda, per l'apertura di una discarica di 1^ categoria per rifiuti solidi
urbani e speciali assimilabili agli urbani, da ubicarsi in località Valle Dora,
nel comune di Alice Castello (VC), avanzata dal Consorzio dei comuni per lo
sviluppo del Vercellese, con sede in Vercelli, alla Conferenza Regionale
svoltasi a Torino. L'istruttoria ebbe esito non favorevole, il progetto venne
respinto con risultanze dei presenti alquanto diverse, Provincia di Vercelli,
comune di Alice Castello, comuni contermini, U.S.S.L. 46 di Santhià, Servizio
regionale OO.PP. e Difesa del suolo di Vercelli, Corpo Forestale di Vercelli.
Successivamente, in data 28 febbraio 1990, veniva riconvocata la 2^
Conferenza Regionale in Torino, per l'esame di due progetti, questa volta di
due vasche distinte, l'una per i rifiuti solidi urbani (R.S.U.), l'altra per i
rifiuti speciali assimilabili agli urbani (R.S.A.U.), che il Consorzio dei
comuni del vercellese aveva ripresentato, come nuova proposta, in sostituzione
di quella precedentemente bocciata.
Quest'ultima volta la Conferenza Regionale espresse parere favorevole, con
delle prescrizioni, alla realizzazione delle due discariche di Alice Castello.
Anche all'incontro del 28 febbraio 1990 erano presenti, Provincia di Vercelli, comune di Alice Castello, sindaci dei comuni contermini, le U.S.S.L. n. 46 di Santhià e n. 47 di Biella, Servizio regionale OO.PP. e Difesa del suolo di Vercelli, Corpo Forestale di Vercelli, con pareri alle risultanze emerse, anche in tale circostanza, diverse.
Da qui in poi inizia un continuo vorticoso valzer di società che si
avvicendano nella gestione del maxi affare della discarica di Alice 2; la
società Eco Servizi Piemonte, che ha sede a Vercelli, affitta una cava di
proprietà di un privato, tra il 1988 e il 1989, il 1° dicembre la società si
trasferisce a Torino, cambiando nome, diventando Servizi Piemonte, ed è appunto
con quest'ultima società che, il 19 luglio del 1990, il Consorzio dei Comuni
firma la convenzione per realizzare la discarica Alice 2 in località Valle
Dora, nel comune di Alice Castello.
Successivamente, in data 30 luglio 1990, lo schema della società Servizi
Piemonte si complica ulteriormente perché questa si fonde con la Iniziative
Ecologiche di Pinerolo (TO); poco meno di un mese e la società torna a
chiamarsi Servizi Piemonte aumentando il capitale sociale a un miliardo di
lire, questo perché al vertice si sono installati personaggi italiani e i
rappresentanti di quel colosso multinazionale statunitense che è la Waste
Management.
È dopo quest'ultima operazione, si è arrivati nel 1994, che la magistratura
torinese concentra l'attenzione sulla discarica di Alice 2, ma già dopo
l'arresto della giunta di Vercelli, ottobre del 1992, cominciano le prime
indagini della Guardia di Finanza e nel mirino finiscono molte circostanze già
sollevate dagli ambientalisti.
Ad avviare le indagini a tutto campo, è il Pubblico Ministero, Dott.
Vittorio Corsi, della Procura di Torino.
Le indagini sono lunghe, il biellese Gremmo vola in Kenia e da lì invia un fax, alla Procura di Torino, dove chiarisce il ruolo della società Servizi Piemonte che altro non era che un paravento, dietro cui si nascondevano i veri soci occulti, tutti personaggi di spicco della politica vercellese, regionale e nazionale, che si sarebbero adoperati nei rispettivi ambiti politico-istituzionali, per non ostacolare il «sì» definitivo sulla discarica; tutto ciò nonostante la dura opposizione delle popolazioni, degli amministratori di Alice Castello e di Santhià, degli ambientalisti e delle diverse associazioni.
Vennero coinvolti nella vicenda giudiziaria, un funzionario regionale che
presiedette tutte le riunioni tecniche sul progetto della discarica Alice 2, in
quanto ebbe un ruolo rilevante nella vicenda autorizzativa, un giudice del TAR
Piemonte che bocciò il ricorso del sindaco di Alice Castello, entrambi erano
stati nominati dalla giunta di Vercelli di allora collaudatori del forno
inceneritore di Vercelli.
Altri fatti e misteri seguirono il «raddoppio» della discarica Alice 2,
nell'autunno del 1990, fu deciso dal Consorzio dei comuni con il voto
determinante di un delegato di Bianzè , il quale essendo dimissionario non
avrebbe potuto partecipare alla riunione.
Sulla questione venne sentito pure un noto geologo di fama nazionale,
Floriano Villa, che descrisse la discarica di Alice 2 come una «bomba
ecologica», in quanto posta su un'enorme falda d'acqua e su terreno ghiaioso,
come del resto avevano sempre sostenuto le associazioni ambientaliste ed il
comitato alicese antidiscarica Alice 2.
Il Presidente dell'U.S.L. 46 di Santhià (VC), nel novembre del 1990, fu al
centro di un «giallo» per aver negato l'esistenza di una relazione con parere
sfavorevole, relativa al progetto della discarica di Alice 2, redatta da un
tecnico del Servizio di Igiene e Sanità Pubblica, richiesta dallo stesso
Presidente.
Nel 1991 il Presidente della Provincia di Vercelli fu costretto a
dimettersi proprio per la «faida» della discarica.
Nell'ottobre del 1996, in consiglio Provinciale, viene presentata una
mozione antidiscarica Alice 2, da parte dei consiglieri della maggioranza, che
chiedeva il non riempimento della vasca intermedia, posta tra le altre due già
colme.
I consiglieri sostenevano anche che la discarica potesse inquinare, ed era
posta sopra una falda d'acqua e producesse biogas; quindi non era il caso di
aggravare una situazione già compromessa, nella mozione si chiedeva anche di
iniziare ad impostare le basi per avviare seriamente la raccolta differenziata
ed il riciclaggio dei rifiuti sul territorio provinciale.
Molte riflessioni e considerazioni potrebbero ancora essere fatte in merito
alla questione, dei controlli, della vigilanza da parte di chi doveva svolgere
questi adempimenti, Consorzio dei comuni, Provincia, A.S.L., A.R.P.A., preposti
alla salvaguardia ambientale e del territorio, alla tutela idro-geologica, alla
prevenzione igienico-sanitaria, c'è da chiedersi se tali adempimenti fossero
stati puntualmente rispettati.
Ora dopo sedici anni (1990) si è arrivati ai giorni nostri, e la storia si
ripete; la società Daneco, gestore della discarica che è subentrata nel
frattempo alla Waste Management, ha presentato al Consorzio dei comuni un
progetto di bonifica ambientale, che consiste nel riempire la vasca centrale
posta tra le altre due già esistenti ed ultimate, accollandosi tutte le spese
di bonifica, e richiedendo l'acquisizione del diritto di superficie dell'area.